Qual è la situazione attuale del mercato italiano del private debt e quali sono le prospettive per i prossimi anni? MondoInstitutional ne ha parlato con Luca Novati, Senior Fund Manager Private Debt di Finint Investments Sgr, che proprio in queste settimane sta lanciando il Fondo PMI Italia III con profilo ESG Art. 8, con l’obiettivo di replicare il successo di Minibond PMI Italia e PMI Italia II in ottica di sostenibilità.
Un nuovo fondo di private debt per Finint Investments, cosa vi ha spinto in questa direzione?
Abbiamo lanciato il nostro primo fondo di private debt nel 2013, con Minibond PMI Italia - primo fondo italiano dedicato allo strumento dei minibond - e un commitment di 65 milioni di euro. Nel 2019 è stato lanciato il Fondo PMI Italia II che, con una dotazione di 145 milioni di euro, ha effettuato circa quaranta investimenti integralmente a supporto di aziende italiane. Il primo nel 2022 è stato integralmente disinvestito con risultati molto interessanti, trainati soprattutto dall’ottima selezione degli investimenti, e un tasso di default inferiore allo 0,16%; il secondo, oggi integralmente investito e già in fase di disinvestimento. Per dare seguito al successo dei primi due fondi a inizio di quest’anno abbiamo lanciato il Fondo PMI Italia III, con profilo ESG Art. 8, attualmente in raccolta, che si pone l’obiettivo di mettere a frutto l’esperienza che abbiamo maturato in questi anni in un’ottica però di sostenibilità. Siamo un team di gestione coeso, con un track record di oltre 125 operazioni e transazioni per complessivi 550 milioni di euro, e vogliamo dare sempre più importanza a strumenti di investimento con rendimenti interessanti e capacità di sostenere al contempo l’economia reale.
Il private debt nasce nel 2013, come una nuova asset class alternative. Trascorsi di fatto dieci anni, come è cambiato il mercato?
Il private debt è emerso come asset class alternativa dopo la crisi finanziaria del 2008 e ha visto la sua diffusione soprattutto a partire dal 2013. Negli ultimi dieci anni ha subito diverse evoluzioni e cambiamenti significativi, sia in termini di dimensioni del mercato che di caratteristiche degli investimenti.
Innanzitutto, il settore del private debt è cresciuto in modo costante, attirando un numero sempre maggiore di investitori istituzionali e privati. Il settore si poi è evoluto in termini di prodotti offerti, passando da investimenti diretti (senior o subordinati) a soluzioni più strutturate e complesse come il mezzanine debt, il distressed debt o il direct lending. Ciò ha determinato per gli investitori una maggiore diversificazione delle opportunità di investimento, ma anche condotto ad un aumento dei rischi associati. Di conseguenza è aumentata la necessità di effettuare un monitoraggio attivo degli investimenti che, vale la pena ricordare, si sostanzia in interventi su aziende dinamiche e con progetti di sviluppo, sulle quali si effettua due diligence diretta. Tale attività è svolta al meglio da team che negli anni hanno sviluppato specifiche competenze, anche in termini di track record.
Anche dal punto di vista dei target, il mercato del private debt si è concentrato sempre di più sulle PMI e Mid Cap e in questo modo ha ben adempiuto allo scopo per il quale è stato istituito: una valida risposta alla domanda di finanza straordinaria a supporto delle aziende sane che per varie ragioni attraversano un momento di cambiamento e tensione.
E tutto questo è stato particolarmente vero nei più recenti momenti di incremento della volatilità dei mercati e di aumento dei rischi di credito, come accaduto a causa della pandemia da Covid19 e della crisi ucraina: uno studio sul nostro portafoglio ha permesso di evidenziare come le aziende finanziate siano state più che resilienti durante gli accadimenti del triennio 2019/2020/2021: nel 2021 avevano già battuto gli indicatori economici e di crescita del 2019, nonostante la battuta di arresto del 2020.
Quali possono essere le prospettive future?
Per quanto riguarda le prospettive future del settore, ci attendiamo che il private debt continuerà a crescere nei prossimi anni: a oggi l’analisi fondamentale delle PMI e Mid Cap si rivela particolarmente complessa e questo, unito al venir meno delle garanzie statali legate prima alla pandemia e poi alla crisi energetica (che per quanto utili e necessarie in certe fasi di mercato, falsano di fatto le metriche di merito di credito), determina una evidente contrazione del credito bancario ordinario a disposizione delle aziende, le quali avranno sempre più bisogno di finanza da canali alternativi rispetto alle banche tradizionali.
Inoltre, questa fase di mercato - successiva a quella storica dei tassi negativi - presenta rendimenti prospettici di tutto rispetto che dovrebbero indurre molti investitori ad assumere posizioni nel private debt: immaginando ad esempio un trade off tra investimenti azionari e obbligazionari, in questo momento l’attrattività di strumenti quali i nostri sarebbe tale da poter innescare un travaso di capitali dal mondo azionario, che presenta una maggiore rischiosità, al mondo obbligazionario.
Un’ultima riflessione riguarda la ricerca di capitali esteri che, a oggi, si rivolgono prevalentemente agli investimenti in private equity. Per attrarne di nuovi nel private debt dovremmo aumentare la nostra capacità di attrazione ma anche offrire rendimenti maggiormente in linea con quelli europei. La sfida sarà anche quella di migliorare la percezione del rischio di rendimento, attualmente frenata dall’eccesso di liquidità proveniente dai canali tradizionali (che generano un effetto perverso: sovrabbondanza di denaro a condizioni molto competitive per alcuni e scarsità di risorse, a prezzi elevati, per altri) e, infine, integrare i fattori ESG nelle scelte di investimento.
Riprendo questo ultimo punto: i temi ESG sono ormai mainstream nell’industria degli investimenti. Ma come si applicano al mondo del private debt?
La relazione tra i principi ESG (ambientali, sociali e di governance) e il private debt è molto forte. Per le società emittenti di minibond e di altri strumenti di debito privato, la gestione sostenibile e responsabile dell'azienda può essere un fattore critico per garantire la stabilità finanziaria e il successo nel lungo termine, influenzando direttamente la valutazione del rischio di credito dell'emittente, la sua reputazione e il suo accesso al capitale.
Parallelamente, gli investitori nel private debt che adottano politiche ESG nelle proprie decisioni possono contribuire a promuovere una maggiore trasparenza, responsabilità e sostenibilità nell'intero mercato del debito privato, portando ad esempio a un maggiore impegno delle società emittenti nel miglioramento delle loro performance ESG. In tal senso ci vorrà un allineamento degli interessi tra investitori, team di gestione e aziende, che dovrà premiare le scelte virtuose sotto il profilo ESG.
L’auspicio è che i principi ESG possano essere sempre più presenti nel settore del private debt, generando un circolo virtuoso per il nostro sistema economico.
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